Tutti ricordano il suo bolide dai 30 metri nel derby contro la Roma nella stagione 2006/2007, tutti ricordano la sua corsa, quasi in lacrime, verso la Curva Nord, sostenuto dal Team Manager della Lazio Maurizio Manzini, in occasione della vittoria della Coppa Italia, sempre nel derby contro la Roma. Con la Lazio ha giocato 9 stagioni, collezionando 318 presenze, 9° nella classifica “all time”.
Cristian Ledesma è, ancora oggi, un tifoso della Lazio. Porta con sé soprattutto l’affetto dimostrato dai tifosi nella sua lunga esperienza con la squadra biancoceleste, di cui ci parla in questa intervista.
Nel 2001, a 19 anni, arrivi in Italia dall’Argentina, dove hai iniziato a muovere i primi passi nel mondo del calcio. Come è stato il trasferimento a Lecce e l’impatto con un mondo nuovo, anche da un punto di vista calcistico?
Era tutto nuovo, diverso e bello allo stesso tempo e proprio questo mi ha aiutato. Venire in Europa, per un ragazzo così giovane, è stata una cosa bellissima, non avevo timore. Lecce poi è una città calorosa, accogliente e umana. Inoltre, non avevo mai giocato in prima squadra prima, quindi anche sotto l’aspetto professionale era tutto molto diverso da come ero abituato, anche per esempio per quanto riguarda la preparazione e gli allenamenti.
Ma venivo per giocare a calcio, per fare una cosa che a me piaceva e quindi non è stato mai un peso, anzi, questa nuova esperienza mi ha dato tanto fin da subito.
Nel 2006, sei arrivato alla Lazio. Una città diversa, un ambiente con più pressione… come hai vissuto questo cambiamento?
Fin dal primo contratto che ho firmato, la mia idea era quella di iniziare in una realtà e poi fare il salto in una squadra più importante. Arrivare a Roma è stato ovviamente un bel cambiamento, Lecce è bella, Roma pure ma è immensa sotto tutti i punti di vista, soprattutto a livello di ritmo di vita.
Da un punto di vista calcistico, ci sono state delle difficoltà perché la squadra non girava benissimo durante le prime partite di quella stagione e noi che eravamo nuovi della squadra avevamo gli occhi puntati addosso. Anche l’estate era stata travagliata, era l’anno di Calciopoli, una settimana eravamo in Serie B, l’altra ci assegnavano una penalizzazione di 11 punti e questo dava grande incertezza… Ma è stato comunque un bel salto in avanti per me.
La pressione era alta, ma alla fine è andata bene, abbiamo perso l’occasione di giocare una competizione europea ma la scossa a livello ambientale c’era stata.
Dopo un impatto non certo facile, è nato poi un legame molto forte con la città e con la Lazio. Come è successo?
Il mio legame con la Lazio si è formato nel momento in cui ho avuto qualche difficoltà. Lì è nato l’amore con la tifoseria, con questa città e la storia che rappresenta la Lazio.
È nato forse nel momento più critico per me, perché è in quella circostanza che ho veramente sentito l’affetto dei tifosi e il loro sostegno. In quel momento l’ho sentito più che mai. Ho capito che era nato veramente qualcosa di speciale e ancora adesso seguo con affetto la squadra.
C’è un momento più bello della tua storia con la Lazio?
Parlando di risultati sportivi, sicuramente il primo derby, la prima Coppa Italia vinta e poi la seconda.
Ma se devo davvero pensare a qualcosa che mi porto dietro, dico l’affetto dei tifosi nel periodo in cui non avevo la possibilità di giocare, perché quello era affetto vero. Siamo calciatori ma siamo soprattutto persone e potevo essere apprezzato o meno come giocatore, ma sentire l’affetto della gente mentre ero “seduto sul divano” è stata la vincita più importante, molto più di tante partite, è lì che ti rendi conto che non conta solo il risultato.
C’è invece un rimpianto?
Forse quando abbiamo giocato la Champions (stagione 2007/2008 ndr), potevamo sicuramente passare il girone. Penso alla partita del girone di ritorno con l’Olympiacos, purtroppo ci siamo solo andati vicini.
Uno degli episodi forse più importanti della tua esperienza alla Lazio è la vittoria della Coppa Italia nella finale con la Roma, ancora oggi un momento irripetibile per tutti i tifosi. Vi siete resi subito conto che avevate scritto un pezzo di storia della Lazio?
Ricordo ogni momento di quella giornata. Ma abbiamo capito solo con il passare dei mesi cosa avevamo fatto e qual era il significato di una partita del genere. Perché è stata unica e rimarrà unica. Di quella giornata ricordo veramente tutto, da quando siamo partiti col pullman per andare allo stadio a quando sono andato a dormire, che mi sono portato la coppa a casa!
Vorrei parlare con te di un altro episodio, il gol realizzato sempre contro la Roma nel 2006, che ha sbloccato una partita poi terminata 3 a 0 per la Lazio. Tutti i tifosi ovviamente lo ricordano ma quest’anno è sicuramente tornato alla mente di ognuno di noi in occasione della rete di Acerbi contro il Torino.
Non c’è niente da fare, essere ricordati è bello. È emozionante vedere la gente che ancora oggi ti incontra e ti riconosce come “l’ex giocatore della Lazio”. Tanti lo vivono come un fastidio ma per me non c’è niente di più bello del riconoscimento di un bambino, di un anziano, di un tifoso.
Cosa pensi della Lazio di oggi? Immaginavi che Inzaghi potesse diventare allenatore e raggiungere questi livelli?
Non immaginavo assolutamente che Inzaghi potesse diventare allenatore. È stata una sorpresa ma è tutto meritato, se vai a vedere quello che mette in campo. C’è tanta consapevolezza nella squadra oggi, in quella che è la sua forza.
Oggi sei l’allenatore della Luiss, la squadra di calcio dell’università romana che milita in Promozione, dove gioca anche Guglielmo Stendardo. Come sta andando questa esperienza e come è stato ritrovarsi con Stendardo?
Guglielmo è un ragazzo intelligente e un professionista serio. Il nostro rapporto è ottimo, anche in questo cambio di ruolo!
L’esperienza di allenatore mi sta piacendo ma voglio vedere come andrà quest’anno e capire se è quello che vorrò fare in futuro.
Hai aperto anche una scuola calcio, la Ledesma Academy. Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da insegnare ai giovani?
Ci sono tre elementi fondamentali: i bambini si devono divertire, devono imparare e devono migliorare, anche sotto l’aspetto comportamentale ed etico. La scuola calcio deve affrontare tutti gli aspetti. Non puntiamo a formare campioni, ma i bambini devono divertirsi e venire al campo volentieri.
Manda un saluto a tutti i soci del Lazio Club Milano!
Vorrei ringraziare tutti per l’affetto. Questa è una cosa che non si dimentica e penso che sia la cosa più importante.